Ogni psicoterapia presuppone una teoria sul benessere e sulla sofferenza e uno o più metodi di intervento che dipendono dalla formazione specifica che il terapeuta ha seguito. Nel suo modo di lavorare confluiscono la sua visione della cura, le comprensioni maturate nell’incontro con la propria e altrui sofferenza, i suoi interessi e peculiarità. Per questo, come non esiste un essere umano uguale all’altro, così non esiste uno psicoterapeuta uguale agli altri.

Al di là dell’approccio teorico e delle tecniche utilizzate, il motore della terapia e lo strumento di cura più importante è la RELAZIONE, dunque la capacità del terapeuta di sintonizzarsi con chi ha di fronte, in piena e consapevole presenza.

Mi piace descrivere la mia visione terapeutica con alcune parole-chiave:

Archetipica: perché tra i linguaggi della cura parla anche quello della metafora, del mito, delle forme universali dell’immaginario collettivo. Quelle che, nominate, trovano immediata risonanza in ciascuno di noi, come attingessimo implicitamente ad un dizionario universale in cui ogni parola è subito corpo, emozione, immagine nota in ogni lingua parlata sulla Terra da sempre.

Olistica: perché guarda al tutto per comprendere la parte sofferente e provare così a ricomporre non solo la frattura mente-corpo-spirito ma anche la complessità irriducibile dell’essere umano e dell’esistenza. Neuroscienze, PNEI e fisica quantistica ci permettono oggi di integrare anche conoscenze appartenenti ad approcci di cura antichi o lontani dei quali hanno scientificamente avvallato la validità, ampliando così la nostra possibilità di comprensione e cura.

Eco-psicologica: perché il nostro benessere/malessere è più decifrabile se messo in relazione a quello della Natura-Ambiente; e i nostri movimenti interiori e ciclicità più sostenibili se allineati a quelli naturali.

Gentile: non è sottinteso che lo sia? Mi riferisco non tanto allo stile personale del terapeuta, quanto al metodo: alla scelta precisa, cioè, di non anteporre mai l’efficacia di una tecnica alla gentilezza di approccio. Oggi che i terapeuti sono sempre più spinti verso tecniche che aggrediscono il trauma o il sintomo, motivate dall’urgenza di dare sollievo alla persona, mi sembra importante ricordare il valore teorico, clinico ed etico dell’approccio relazionale, così definito perché basato sulle capacità di ascolto, di attesa, di accoglienza e rispetto dei tempi e dei modi del paziente. Dunque, gentile.

La psicoterapia a distanza è ormai uno strumento di lavoro pienamente consolidato che permette di intraprendere o mantenere la terapia in tutte quelle circostanze in cui non sia possibile incontrarsi dal vivo. Sebbene rimanga preferibile la relazione in presenza, l’esperienza di questi ultimi anni mi ha mostrato, spesso con sorpresa, quanto anche con uno schermo di mezzo sia possibile lavorare in profondità, trasmettere vicinanza e cogliere quegli elementi non verbali capaci di rendere più di molte parole.

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