Alzi la mano chi si è accorto di rivivere continuamente, nelle proprie relazioni, dinamiche che pensava di aver superato. E alzi la mano chi sente di portare in sè una ferita silenziosa che, se toccata, sprigiona atmosfere d’infanzia, liberando immagini e suoni di un altro tempo.
Nelle nostre relazioni, soprattutto quelle più significative, siamo contemporaneamente qui ed ora e lì e allora. In modi diversi per ciascuno di noi, a seconda di quanto siamo maturati nel corso della vita, di quanto abbiamo guarito mancanze e sanato cicatrici, siamo sia i grandi di oggi che i piccoli di un tempo.
Qualcosa ancora ci portiamo dietro che chiede attenzione e risoluzione, mentre già svolgiamo i nostri compiti di adulti: amiamo, ci prendiamo cura, realizziamo chi siamo.
Qualcosa che quando meno ce l’aspettiamo salta fuori e si rivela a noi e a chi ci è accanto: durante un litigio o in piena intimità… tornando in luoghi del passato o tessendo progetti futuri… quando vorremmo chiedere e non riusciamo, quando dire un “no” ci fa paura, quando una gelosia esplode incontrollata, una paura ci toglie lucidità e la rabbia ci trasforma nel peggio di noi.
Sono segnali che il presente ha inavvertitamente toccato qualcosa che era lì da prima, sotto la polvere del tempo, addormentato ma sensibile al bruciore che le nostre relazioni attuali involontariamente procurano alle vecchie ferite.
Le stesse ferite che ci condizionano nella scelta del partner, degli amici, della vita che facciamo; quando ci avviciniamo a qualcuno con cui riviviamo lo stesso tipo di conflitto, come se ripetessimo un copione ancora e ancora.
Vi sono dei temi attorno ai quali si organizzano le ferite che più condizionano le nostre relazioni attuali e raramente sono ferite recenti. Il più delle volte, quanto più ci sentiamo in balìa di reazioni emotive e di comportamenti che boicottano il nostro benessere, incapaci di controllarle, tanto più indietro risalgono le origini. Così indietro da oltrepassare in alcuni casi la nostra stessa nascita, quando eravamo nel grembo di nostra madre e persino più indietro, negli eventi che hanno interessato la nostra linea genealogica. Vissuti per i quali alcuna parola riesce a prendere forma in noi per descriverli, perché le ferite da cui provengono precedono il nostro sviluppo neurocognitivo e quindi la possibilità di mentalizzare quel che ci accadeva. Ma il corpo ne ha fatto esperienza e porta impresse le impronte: reazioni fisiologiche, sensazioni, emozioni che in circostanze simili si riattivano autonomamente.
Rifiuto, abbandono, umiliazione, tradimento, ingiustizia… sono alcune delle ferite più incisive nella nostra memoria corporea e nell’idea che costruiamo di noi stessi nel tempo. E come si può vedere, ciascuna di queste parla di una relazione: di qualcosa che è avvenuto tra noi e chi era nella posizione di prendersi cura di noi. Ecco perché solo un’altra relazione con qualcuno di significativo ha il potere di riaprirle, anche a distanza di anni.
Ed ecco perchè ci serve una relazione – sana, terapeutica, supportiva – per riconoscerle e curarle.