Finchè il mare è calmo e la vita non ci riserva grosse difficoltà, possiamo facilmente dire che “tutto va bene”. Ma quando le onde si gonfiano e veniamo sottoposti a importanti sollecitazioni, è il momento in cui ci accorgiamo del carico che stavamo portando – quanto pesa effettivamente, com’è distribuito, quali rischi ci fanno correre le sue oscillazioni durante la tempesta.
Di che cosa è fatto il carico? Soprattutto di emozioni, di ogni tipo. Frustrazioni non elaborate, amore non espresso, rabbia trattenuta, paure inconfessate. Ma anche, aspirazioni soffocate, rinunce dolorose, stanchezze accumulate. Il carico sono i bisogni di cui non ci prendiamo cura perchè altro risulta sempre più rilevante o urgente, perchè il senso del dovere ce lo impedisce, perchè diamo la precedenza alle richieste degli altri e occuparci di loro ci fa sentire adeguati e al sicuro. Perchè non abbiamo con noi stessi un rapporto rispettoso di ciò che siamo e desideriamo veramente per stare bene.
Che cosa tiene il carico legato, bloccato, apparentemente al sicuro? Convinzioni, credenze, aspettative su noi stessi e sugli altri di cui spesso non siamo nemmeno consapevoli. Corde avvolte intorno a bisogni ed emozioni con le nostre stesse mani. E le corde si chiamano “Non me lo merito”, “Ce la devo fare da solo”, “Da sola non posso farcela”, “E’ inutile provarci”, “Non sono capace”, “Posso farne a meno”, ecc.
Il carico emotivo regge finchè la vita scorre calma. Le corde tengono senza troppa fatica: le norme che ci siamo dati per trovare un ordine e un senso nelle cose sono in grado di gestire il peso di quelle parti di noi che accettiamo di avere a bordo fintanto che non disturbano il nostro viaggio. Finchè la vita riflette e asseconda il nostro ordine mentale, le nostre certezze non sono in discussione e i bisogni premuti in fondo ad una cassa non rappresentano una minaccia.
Ma è nella natura del mare gonfiarsi improvvisamente e scatenare le onde ed è nella realtà delle cose attraversare momenti stressanti quasi sempre legati ad un cambiamento importante, voluto o inatteso, piacevole o doloroso. E allora ciò che ci pesa dentro non resta più fermo al suo posto ma inizia a seguire il movimento delle onde facendoci sentire sempre più sbilanciati; e le regole che a lungo lo avevano disciplinato non sono più in grado di trattenerlo.
“Per fortuna”, potrebbe un giorno capitarci di dire, quando la tempesta sarà solo un ricordo.
Consapevolezza è, anzitutto, scegliere di avere un rapporto con noi stessi. Coltivare la capacità di osservarci, al di fuori di qualunque giudizio e obiettivo che non sia quello di conoscere e comprendere ciò che ci muove. Perchè quando guarderemo dentro le casse che compongono il nostro carico emotivo, avremo bisogno di tutta la nostra comprensione, rispetto e capacità di perdono – per non essere come idealmente volevamo, e per aver cercato di vivere secondo ideali non nostri.
Prendendoci cura di ciò che le casse contengono, il carico si alleggerirà; sostituendo le vecchie corde, fragili perchè rigide, con principi più adatti alle verità che trasportiamo, il nostro carico sarà al sicuro anche nella tempesta.